REALITY

Dopo aver visto l’ultimo film di Matteo Garrone si può  tirare un sospiro di sollievo. Dopo tanto cinema italiano veramente modesto, finalmente l’opera di un  grande regista degno della nostra migliore tradizione.

Matteo Garrone è personalissimo  nella sua messa in scena ma al contempo è fedele alla migliore commedia italiana per il  suo modo di  saper  far ridere ma al contempo restare aderente alla realtà e ai problemi  del nostro paese. Richiama a volte anche certe commedie di Eduardo: strane, simpatiche figure  napoletane inserite in storie surreali fra i vicoli della Napoli più antica.

Se certi riferimenti  sono chiari, è altrettanto evidente il contrasto che con questi si determina nella rappresentazione di un mondo completamente trasformato.  Dov’è quella sapienza di vita  così ben espressa dai protagonisti delle commedie di Eduardo, quella antica civiltà così saggia e ricca in spirito? 

Resta ancora quel modo di stare insieme, tutta la famiglia riunita in cucina a scambiarsi confidenze o in salotto per guardare il televisore o al bar per festeggiare qualche evento ma l’impoverimento dell’immaginario culturale è lacerante e drammatico.  Matrimoni  realizzati in parallelo per risparmiare, in location surreali e con costumi kitsch  che in nulla rimandano alle tradizioni radicate nel territorio ma solo a un vago immaginario televisivo, riconfermato dalla presenza di un divo il cui unico titolo di fama  è l’esser stato cento giorni all’interno della casa del Grande Fratello.

Notevole è anche il contrasto fra il palazzone in cui vive la famiglia del protagonista, decrepito e  fatiscente (probabilmente lo stesso già usata da Massimo Troisi in “ Ricomincio da tre “ e da Liliana Cavani nel film “La pelle”), fra l’antica piazzetta dove  Luciano ha la sua pescheria e le mille luci colorate del centro commerciale, da dove si esce con carrelli ricolmi di cose inutili.

L’alienazione indotta dai miti del consumismo diventa perfino crudele quando persone che vivono solo della loro misera passione si fanno irretire dalla prospettiva di conquistare l’ultima moda  in cucina: un robottino in grado, a quanto pare, di cucinare tante cose contemporaneamente.

Il regista marca anche le differenze dei corpi: se certi parenti di Luciano sembrano usciti fuori da qualche scultura di Botero, i candidati al prossimo Grande Fratello sono giovani ragazzi e ragazze nello splendore del loro fitness.

In questo contesto l’alienazione di Luciano risulta perfettamente coerente.
Non è semplicemente un sogno che diventa ossessione in un personaggio troppo semplice ingenuo: è la deriva inevitabile di un mondo che ha perso la sua profondità e che si è fatto sedurre da miti colorati a due dimensioni.

Gli attori sono tutti nella parte e fra loro eccelle Aniello Arena, ergastolano-attore. Il racconto è molto ricco visivamente ma ha il respiro breve di una novella.