NO – I GIORNI DELL’ARCOBALENO

Frutto di un complicato lavoro di “degradazione” della pellicola (in modo da poter fluidamente unire il materiale di repertorio a quello filmato) il film di Larrain racconta, con piglio forse fin troppo documentaristico, un passaggio chiave della storia cilena recente, quello che portò al lento ritorno del Paese alla democrazia dopo anni di oppressione.

Vero fuoco del film, però, è il ruolo decisivo della campagna “pubblicitaria” che portò alla vittoria il No. Parlare di pubblicità, del resto, è quanto mai appropriato, dal momento che la “libertà” per cui la composita opposizione cilena si muove inizialmente con spirito piuttosto rinunciatario, diventa nelle mani del giovane e geniale creativo Salvedra, un prodotto non poi così diverso dagli altri (la presentazione delle sue campagne, siano esse dedicate a bibite gasate, soap opera o, per l’appunto, a valori politici, sono invariabilmente introdotte dalle stesse frasi di lancio).

Così se la pellicola mette in scena in maniera abbastanza realistica il contesto di quel voto storico (ci sono le manifestazioni e i pestaggi, nonché le intimidazioni più o meno violente), al centro del racconto (invero un po’ troppo dilatato) sono piuttosto le dinamiche di creazione di una campagna che abbandona i toni più classici (le accuse al regime per le sue violenze, innanzitutto) per cercare di sorprendere e scuotere gli elettori con immagini che potrebbero tranquillamente venire dalla pubblicità della Coca Cola (e in effetti René ricicla un’altra sua campagna), creando un simbolo (l’arcobaleno) che avrà molta fortuna e puntando su un jingle che parla di allegria e situazioni che articolano in modo piuttosto irriverente il tema del confronto SÌ/NO.

L’argomento è senza dubbio interessante, anche se forse più che per la rievocazione di un pur importante episodio storico, perché si adombra l’evoluzione del discorso politico in chiave di “spettacolo” e “intrattenimento”, le cui ultime conseguenze sono davanti ai nostri occhi.

Detto questo il film di Larrain non ha certo un ritmo trascinante e l’esito (sorprendente solo per i suoi protagonisti, ma non per il pubblico) lascia abbastanza tiepidi. Le battute migliori se le ritagliano i personaggi negativi ( il ministro e il datore di lavoro di René, che guida la campagna del SÌ), mentre altre dinamiche restano superficiali (tra tutte quella tra René e la compagna, che alla propaganda preferisce le manifestazioni e sembra non poter fare a meno di mettersi nei guai, anche se ha un figlio che la aspetta) rendendo il film più interessante sotto il profilo tecnico che appassionante dal punto di vista della narrazione.