BRIAN BANKS – LA PARTITA DELLA VITA
Film ispirato alla vera storia di una star del football liceale americano Brian Banks, falsamente accusato di stupro e poi condannato al carcere. La sua lotta contro un sistema corrotto per dimostrare di essere innocente e per riabilitare il suo nome ingiustamente macchiato. Disponibile su Apple TV e Amazon Prime.
Brian Banks era una stella nascente del football americano universitario con, alle porte, l’ammissione al livello di professionista. Purtroppo, ingiustamente accusato di una violenza sessuale che non ha commesso, è condannato a circa 10 anni di galera. Mentre sta scontando la pena con la libertà vigilata è costretto ad usare il braccialetto elettronico che non gli permette più di giocare liberamente a football e a trovare un lavoro a causa della fedina penale sporca. Quando conosce Justin Brooks capisce che con l’aiuto del California Innocence Project (un’associazione che offre servizi legali in situazioni come la sua) può provare a riprendersi la buona fama di cui era stato ingiustamente privato rivendicando il sogno di giocare nella National Football Leage.
Tom Shadyac
Doug Atchison
Valori Educativi
La caparbietà nella ricerca della verità. L’onestà e la serietà nello svolgimento del lavoro da parte di chi si dedica all’aiuto dei condannati ingiustamente. Il profondo legame tra la mamma e il proprio figlio. Espressioni di amicizia sincera nei confronti di un personaggio ritenuto ingiustamente un criminale. Ma il film alimenta una certa sfiducia nell’autorità e nel sistema legale
Pubblico
14+I più piccoli faticherebbero a comprendere la trama che si muove all’interno di un sistema giuridico non sempre esemplare oltre a far riferimento al crimine di violenza sessuale. Turpiloquio
Giudizio Artistico
Il film appare un pochino lento nella sceneggiatura, ma resta fedele, nel complesso alla storia vera raccontata a tratti dalla voice over dello stesso protagonista. Adatto per cineforum aventi a tema la ricerca della verità e l’applicazione della legge.
Cast & Crew
Regia
Tom Shadyac
Sceneggiatura
Doug Atchison
Our Review
«La libertà non nasce in un campo da football, inizia nella mente»: queste le parole pronunciate all’inizio del film dalla voice over dello stesso protagonista della storia vera di un uomo che, a partire dall’8 luglio 2022, si vede privato della libertà e di come cerca di riconquistarla con tutte le sue forze.
Nella trama il concetto di libertà – una parola che sentiamo spesso ma di cui ne ignoriamo la portata fino al momento in cui ci è tolta – è centrale e ne viene offerta una chiave di lettura psicologica ad opera di un mentore motivazionale (Jerome Johnson) interpretato da un sempre bravo Morgan Freeman a cui è offerta una parte molto piccola per un attore del suo calibro. Freeman, nei panni del motivatore carcerario, pur nella breve presenza nella vita carceraria del protagonista, è capace di aprirlo ad una speranza ricercando le ragioni per non farsi travolgere dalla cattiveria del mondo carcerario. È sua la frase più volte ripetuta nel film «Tutto ciò che puoi controllare nella vita è come rispondi alla vita» che il protagonista legge come dedica nel libro ricevuto in dono mentre è in cella.
Il film mette a tema la disperazione che può travolgere chi si ritrova a subire un’ingiustizia di tal portata e di come si debba combattere per aggrapparsi alla speranza: anche la fede trova spazio nel film (probabilmente frutto dell’educazione materna, oltre alla ricerca motivazionale a cui si fa cenno, con forza, lungo la trama).
Il lavoro potrebbe essere anche inquadrato come “sportivo” considerato che si parla di un atleta a cui è negato, ingiustamente, un sogno oltre al fatto che è attorno ad un campo da football che la vicenda sembra trovare la propria cornice ideale: il film si apre e si chiude proprio con immagini relative allo sport amato dal giovane Brian. Ed è lo stesso protagonista che, in merito al valore educativo dello sport, afferma «il football mi ha dato un’alternativa, mi ha insegnato la disciplina, la dedizione e, stranamente, mi ha dato la fede perché mia madre diceva che il mio talento era un dono di Dio». E da questo, anche se marginalmente, traspare il rapporto profondo di Brian con la propria madre certa dell’innocenza del figlio e che gli resta accanto per tutto il tempo della sua battaglia nel dimostrare la propria innocenza.
La trama aiuta, inoltre, a comprendere le difficoltà che incontrano coloro che hanno la fedina penale segnata da un particolare tipo di reato e di come il braccialetto elettronico, in uso in tanti stati del mondo, possa essere una grande limitazione nello svolgimento di attività normalissime come visitare un museo.
È presentata nel film, in modo molto positivo, l’attività benemerita della California Innocent Project, l’associazione dedita all’aiuto di coloro che sono stati ingiustamente incriminati e carcerati oltre a fornire, marginalmente, elementi legali per la comprensione del sistema giuridico americano: un riferimento particolare è all’habeas corpus un concetto giuridico presente negli ordinamenti del common law e relativo ai diritti fondamentali ed inviolabili di ogni cittadino.
Significativa la presentazione dell’amicizia tra Brian e Justin Brooks (Greg Kinnear), fondatore del California Innocence Project e della capacità di Justin di restare accanto alle vittime nonostante l’iniziale forte perplessità.
Inoltre, è necessario segnalare che la storia mette in risalto la subdola forma di razzismo presentata nel clichè classico ai danni di un ragazzo giovane, di colore, proveniente da una famiglia povera e di come, il condizionamento immotivato da parte degli organi giudicanti possa determinare la rovina di una vita destinata, invece, al successo.
Infine, se da un lato possiamo criticare l’affermazione secondo cui «la via della felicità inizia e finisce nella mente» dal sapore eccessivamente psicologico e che lascia trasparire un’immagine dell’essere umana privata della ricchezza antropologica che contraddistingue ogni uomo fatto anche di apertura alla trascendenza, accogliamo, sicuramente, l’invito alla capacità di cambiare “prospettiva” (questa la parola usata nel film) che «determina il modo in cui ce la caviamo nella vita…» cosa che è fondamentale, in particolare, per coloro che sono travolti da vicende e situazioni che sembrano non lasciare alcuna speranza.
Autore: Enzo Vitale
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