LA NEVE NEL CUORE

In occasione delle feste natalizie, Everett Stone porta la fidanzata Meredith a casa dei genitori, per farla conoscere alla sua numerosa famiglia. Meredith è la tipica newyorkese in carriera, rigida e antipatica, e gli Stone, famiglia liberal e anticonformista, la accolgono con grande diffidenza. Soprattutto la mater familias Sybil è convinta che Meredith non sia la ragazza giusta per Everett, e cerca di farglielo capire in tutti i modi…

Valori Educativi



L’esaltazione del politically correct, suggellata dall’immagine finale della coppia omosessuale con bambino e marsupio, è in questo film talmente ossessiva e manichea da risultare, paradossalmente, quasi bigotta.

Pubblico

14+

Per una scena sensuale e riferimenti alla droga
(sull’opportunità di vedere il film, si veda la recensione per quel che riguarda i valori)

Giudizio Artistico



Quello che manca, in questo film pasticciato e poco coinvolgente, è la misura: accumula situazioni, moltiplica equivoci e battute, mischia i generi

Cast & Crew

Our Review

Si rivela un panettone troppo farcito e indigesto questa commedia natalizia, nata per far incontrare due icone delle nevrosi newyorchesi di ieri e di oggi. Sarah Jessica Parker, diventata celebre nei panni di Carrie Bradshaw, protagonista della serie tv Sex and the City, fronteggia la sua progenitrice “alleniana” Diane Keaton in uno scontro familiare da manuale: aspirante nuora contro suocera non consenziente.

Lo spunto è molto semplice: in occasione del Natale, Everett, primogenito di una numerosa e affiatata famiglia liberal, porta a casa la fidanzata Meredith, antipatica newyorchese in carriera.  Inutile dire che la famiglia di lui, capeggiata dalla bellicosa mater familias Sybil, le giura guerra fin dal primo momento.

La povera Meredith non ha molte carte da giocare. Di certo non la aiutano il tailleur serioso, i capelli raccolti in uno chignon da istitutrice tedesca, l’odioso raschietto in gola che sottolinea impietosamente i suoi imbarazzi. Il regista e sceneggiatore Thomas Bezucha, non le risparmia difetti e rigidità per enfatizzare il suo ruolo di corpo estraneo. Così, però, non le dà nemmeno il modo di suscitare un po’ di tenerezza, col risultato che le sue gaffes, invece di far ridere, creano solo un’atmosfera di gelo, anche tra il pubblico. Il ritmo, nella parte iniziale, stenta parecchio a decollare, anche perché, nonostante il suo notevole apparato da “antipatica”, Meredith finisce per farci una gran compassione, anzi saremmo quasi tentati di fare il tifo per lei, vittima sacrificale degli attacchi incrociati degli Stone.

nche in questo caso, l’effetto contraddice le intenzioni della sceneggiatura, che sulla carta fa di tutto per tratteggiare gli Stone come un affiatato clan “politically correct”, rispettoso, anzi promotore del diverso: colorati, chiassosi, sempre impegnati a gesticolare per farsi capire dal figlio sordomuto Thad – che tra parentesi è anche gay e ha un compagno afroamericano (Bezucha, ancora una volta, non si fa mancare nulla). Chissà perché però, nei confronti di Meredith, la vera “diversa” della situazione, si scatena il pregiudizio e l’intolleranza più bieca. Risultato: lo spettatore non sa bene chi amare e chi detestare, l’antipatica sulla carta o gli antipatici di fatto?

Meredith, sempre più ghettizzata, non sa far altro che chiamare in suo aiuto la sorella più giovane. Mossa sbagliata! Julie, una bionda dall’aria fresca e simpatica, è subito accolta a braccia aperte dal clan Stone, in particolare da Everett, che dopo averla vista è già innamorato cotto di lei.

La frustrazione di Meredith raggiunge l’apice durante la cena della vigilia, in cui naturalmente le tocca il ruolo impopolare di bacchettona retrograda. La donna odiata da tutti insinua, goffamente, come è nel suo stile, che forse avere un figlio gay non è una cosa proprio “normale” e osa, con una certa impertinenza, proseguire nel suo ragionamento, interrogandosi sulla legittimità di un atto come l’adozione da parte di una coppia gay. Apriti cielo. Cybil, punta sul vivo, si trasforma in una leonessa e afferma di “ringraziare il Signore ogni giorno per aver avuto un figlio gay”, e in questo delirio liberal è sostenuta da tutta la famiglia, compreso Everett.

Meredith non può che scappare via, sopraffatta dall’umiliazione. La sua fuga imprime un’accelerata a tutta la commedia, che si colora improvvisamente di gag, equivoci, ribaltamenti a 180 gradi, con una spruzzata di dramma a insaporire il tutto.

In breve, la storia precipita verso un annunciato “scambio di coppia”. Meredith, afflitta e in crisi di identità, trova consolazione nel fratello fricchettone, un rilassato Luke Wilson, che le insegna – che noia – a gettare la maschera liberando le sue emozioni: la nuova Meredith, che coi capelli sciolti, un drink in mano, tutta gesticoli e smorfie, somiglia molto alla Carrie Bradshaw di Sex and the City, oltre a confermarci che Sarah Jessica Parker si esprime al meglio nei panni del suo storico alter ego, dimostra – se ce n’era bisogno – che la ragione sta tutta dalla parte degli Stone. Mentre si scivola verso la risata facile e la riappacificazione tra le duellanti, c’è anche spazio per le lacrime e la commozione: dietro l’astio di Cybil verso Meredith si nasconde un fatto drammatico, che va ad aggiungere ulteriore carne al fuoco in un plot già troppo ricco.

Intorno a queste linee principali, infatti, si dibattono numerosi personaggi minori (la sorella più giovane e ribelle, la sorella maggiore già sposata e in attesa del secondo figlio) che non trovano uno spazio adeguato per essere sviluppati.

Quello che manca, in questo film pasticciato e poco coinvolgente, è la misura: accumulare situazioni non garantisce ritmo, moltiplicare equivoci e battute non garantisce ironia, mischiare i generi non garantisce profondità.

A rendere pesante la fruizione, comunque, contribuisce in maniera decisiva l’accanimento ideologico di cui è condita l’intera storia: l’esaltazione del politically correct, suggellata dall’immagine finale della coppia omosessuale con bambino e marsupio, è in questo film talmente ossessiva e manichea da risultare, paradossalmente, quasi bigotta.

Autore: Chiara Toffoletto

Details of Movie

Titolo Originale The family stoneu
Paese USA
Etichetta
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