Cheyenne, un tempo, è stato una rockstar ma da vent’anni galleggia sulla costante linea di confine tra noia e depressione. Infine una scossa: muore il padre e lui decide di perseguire quella ch era stata una sua un’ossessione: trovare quel soldato tedesco che lo aveva umiliato in campo di concentramento
Paolo Sorrentino dirige un’opera densa, matura, moralmente complessa, con un Sean Penn, attore sempre più grande, versatile e geniale con un
Soheila è un’infermiera che non trova nel lavoro quell’ equilibrio che è necessario per dare serenità ai suoi pazienti: la sua vita privata infatti si è spenta da quando deve vivere in casa con un marito, di professione ginecologo, che continua a tradirla. Azar ha bisogno di lavorare e riesce ad essere assunta come segretaria dallo stesso ginecologo marito di Soheila; i soldi le servono per recuperare una certa indipendenza visto che sta per divorziare dal marito, che ha trovato come amante una donna già divorziata. Masha è una giovane studentessa universitaria innamorata di un suo compagno, ma grande è la sua delusione quando scopre che lui la tradisce con una compagna del suo stesso college…
Nel 1949 si concluse la guerra civile cinese con la vittoria del partito comunista e più di un milione di combattenti del Kuomintang furono costretti a rifugiarsi nell’isola di Taiwan spezzando l’unità di migliaia di famiglie. Solo quarant’anni dopo le autorità taiwanesi autorizzarono un solo viaggio all’anno ai suoi ex-combattenti per consentir loro di raggiungere la Cina Continentale per andare a trovare i propri parenti. Ne approfitta Liu Yansheng, ormai vecchio e vedovo, che decide di tornare a Shanghai per rivedere la sua prima moglie Yu-e che fu costretta ad abbandonare quando era incinta, senza aver mai potuto vedere il figlio. La situazione è complessa perché anche Yu-e nel frattempo si è unita con un matrimonio di fatto al soldato comunista Lu, dal quale ha avuto altri due figli…
In un villaggio non lontano da Timbuktù durante il breve periodo, alla fine del 2012, in cui il Mali del Nord fu controllato da jihadisti affiliati ad al-Qai’da, truppe armate si aggirano per le strade per far applicare le più rigide norme islamiche e i loro tribunali funzionano a pieno regime. Le donne debbono indossare sempre il velo e i guanti, è vietato cantare o giocare a pallone. Dei giovani vengono frustrati purché sorpresi a suonare la chitarra; una ragazza è costretta con la forza a sposare uno dei guerriglieri . Kidane, che vive pacificamente tra le dune con la moglie Satima, la figlia Toya e il pastore 12enne Issan, un giorno uccide incidentalmente un pescatore ed ora anche lui deve presentarsi davanti al tribunale jihadista..
Marc, ispettore delle imposte di Parigi in temporanea trasferta in una cittadina di provincia, perde l’ultimo treno per tornare a casa. Chiede a Sylvie, una ragazza che ha incontrato in un bar, qual è l’albergo più vicino per passare la notte. In realtà né lui né lei vogliono chiudere in questo modo la serata e passano tutta la notte chiacchierando per le stradine della città. All’alba decidono di incontrarsi di nuovo a Parigi ma senza scambiarsi il numero di telefono. Marc non potrà andare all’appuntamento perché colpito da infarto e tornerà più volte in quel paesino, nell’infruttuosa ricerca di Sylvie. Durante le sue ricerche incontra Sophie e se ne innamora. Non sa che è la sorella di Sylvie…
David ha 24 anni, è un giovane tranquillo senza troppe ambizioni, gestisce l‘affitto di alcuni appartamenti del palazzo in cui vive e ha un impiego saltuario come giardiniere del comune di Parigi. Aiuta sua sorella Sandrine, insegnante di inglese, andando a prendere a scuola la nipotina di 7 anni, Amanda. La vita scorre tranquilla quando in un attentato terroristico, Sandrine viene uccisa. David si trova di fronte a un problema più grande di lui: Amanda ha solo lui come parente più vicino…
Roma 1974. Guido è un artista d’avanguardia che vive come imperativo l’idea di essere provocatorio e anticonvenzionale, nella vita e nell’arte. Ama sua moglie Serena e i due figli, Dario e Paolo, di 10 e 5 anni, ma non evita di tradire la prima con le belle modelle con cui lavora, e di tenere i secondi al riparo solo il minimo indispensabile dai disordini di una vita sregolata. All’indomani di una mostra d’arte contemporanea milanese, dove Guido ottiene cattive recensioni per una sua performance che vorrebbe essere provocatoria ma che risulta solo ridicola, la coppia va in crisi. Guido incolpa Serena di averla voluta seguire a tutti i costi, deconcentrandolo. Serena, intanto, si lascia affascinare dagli umori femministi che circolano nel mondo dell’arte e accetta di seguire la gallerista Elke, con i bambini, in una vacanza in Provenza per sole donne. Quando Serena torna in Italia, è cambiata. La famiglia esplode, poi si ricompone, tra gioie e dolori, tutto sotto gli occhi dei due bambini, incolpevoli testimoni di uno stravolgimento dei costumi in un Paese che sta cambiando.
Nel giugno del 1992, il VII governo Andreotti cessa la sua attività. In quello stesso anno viene ucciso in un agguato mafioso Salvo Lima, della sua stessa corrente. Il tentativo di farsi eleggere Presidente della Repubblica fallisce ma viene nominato senatore a vita sempre nello stesso anno. Terminato il suo impegno attivo nella politica, viene coinvolto in due processi: quello di Palermo per associazione mafiosa, conclusosi con sentenza della Corte di Cassazione nel 2004 e quello di Perugia per coinvolgimento nell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli
Un ritratto di Giulio Andreotti nella prima metà degli anni ’90 – dall’insediamento del suo settimo governo all’apertura del processo che lo vide imputato come mandante dell’omicidio di Mino Pecorelli – come bilancio della storia italiana del Dopoguerra.
Storia della trasformazione di un uomo che da uno stato di vuoto e depresione ritrova se stesso nel portare a compimento un desiderio giustizia da parte di suo padre che evita di realizzare in modo violento
Pubblico
14+
Uso di linguaggio forte
Giudizio Artistico
Sean Penn, attore sempre più grande e versatile e geniale, è il film. Senza di lui sarebbe stato davvero difficile dare la giusta credibilità umana e morale ad un personaggio in apparenza così fastidioso.
Il cinema italiano ha trovato in Paolo Sorrentino una delle migliori espressioni. Il suo “This Must Be the Place” è un’opera densa, matura, moralmente complessa, ma davvero molto, molto poco italiana. Forse è un bene, poiché immergendosi in una realtà estranea, ha potuto così saltare senza indugi i limiti e la sterilità del cinema italiano (ed europeo) d’autore. Sterilità soprattutto etica. Di cosa parla “This Must Be the Place”? Parla di Cheyenne. Ha cinquant’anni, è americano, sposato, abita in Irlanda con la moglie dal mestiere decisamente strano: pompiere. Da trent’anni la ama. Vivono nel lusso, anche ne non ne hanno bisogno. Cheyenne, un tempo, è stato una rockstar. Successo, soldi. Tanti soldi, che gli permettono ancora di navigare comodamente senza far nulla. E fans scatenati. Lo consideravano un dio, un modello, una via da imboccare nei momenti bui dell’esistenza. Un paio di loro, giovanissimi, lo hanno preso troppo sul serio, e adesso riposano nella tomba al cimitero. Cheyenne, però, era solo un cantante, con troppi vizi, troppi problemi e privo di spina dorsale. Quando lo ha capito ha smesso di cantare. Da vent’anni galleggia sulla costante linea di confine tra noia e depressione. Per camminare si deve sempre aggrappare a qualcosa: al carrello della spesa, alla valigia con le ruote. Da solo non si regge. Ora beve, ma analcolici. Bibite colorate che succhia avidamente con la cannuccia nella bottiglia. Ha deciso di eclissarsi dal mondo Cheyenne. Ma non è riuscito a depurarsi dalla maschera indossata come una seconda pelle. La maschera di star del rock lo segue e lo perseguita. Ancora si ostina ad avere capelli nerissimi cotonati, labbra rosse di lucido rossetto, trucco sul viso e sopra gli occhi, unghie laccate, abiti attillati in stile gotico. Così conciato spaventa le clienti al supermercato, quando se lo trovano improvvisamente davanti (e lui ferito le ricambia bucandogli la busta del latte). Per uscire da una vita vuota, ripetitiva, priva di senso, Cheyenne avrebbe bisogno di una scossa. E, improvvisa quanto puntuale, arriva. Muore il padre. Cheyenne è nato a New York, figlio di un ebreo deportato in campo di concentramento. Non vedeva il genitore da anni. Lo aveva quasi dimenticato. Un giorno, da bambino, aveva deciso che il padre non gli voleva bene. E di quell’intuizione dolorosa ne è ancora persuaso. Ma il figlio deve recarsi a vedere il genitore sul letto di morte. La fine del padre rappresenta per il figlio l’inizio di un lungo percorso. Nella memoria, dentro se stesso e nella terra americana. Per far viaggiare un sedentario come Cheyenne c’è bisogno di una motivazione potente. Il padre era vissuto con un’ossessione: trovare un soldato tedesco che lo aveva umiliato in campo di concentramento. Aveva scoperto che si era rifugiato in America, o lo aveva braccato sino alla morte. Ecco: adesso il figlio può ricongiungersi al padre, può sedare la rabbia nascosta, può chiudere davvero i conti con il passato. Si mette in cammino Cheyenne. E trova, finalmente, il derelitto che ha umiliato il padre. Si nasconde in una baracca nel deserto. È solo, vecchio, indifeso, quasi non vede
più. Macilento, scheletrico, un morto che cammina. Somiglia tanto alle povere vittime, vecchie e denudate, accasciate nella morte sulla neve nei campi di sterminio. Le vendetta è a portata di mano. Basta premere il grilletto. Ma per Cheyenne è sufficiente l’umiliazione inflitta a colui che umiliò il padre. La vendetta violenta non avrebbe senso, poiché ormai la morte è già sulle spalle del vecchio aguzzino tedesco. Il viaggio è finito. Adesso può iniziare il percorso di ritorno a casa. Nell’ultima immagine Cheyenne non ha più capelli lunghi e rossetto sulle labbra. È un uomo come gli altri. È diventato se stesso. Dal cuore l’odio è fuoriuscito e finalmente sorride. “This Must Be the Place” (questo dovrebbe essere il posto) è il titolo di una canzone dei Talking Heads. Il leader della band, David Byrne, compare nel film. Vestito di bianco, canta per un pubblico allegro ed estasiato, fra cui c’è anche Cheyenne. Lui è l’anima nera, l’angelo caduto, il divo senza cuore: Byrne è l’artista vero, l’immagine candida, quello che Cheyenne avrebbe voluto essere ma non è stato. Sean Penn, attore sempre più grande e versatile e geniale, è il film. Senza di lui sarebbe stato davvero difficile dare la giusta credibilità umana e morale ad un personaggio in apparenza così fastidioso. Cheyenne è una contraddizione: a tutti i costi vuole mantenere in vita l’immagine di un tempo, ma quando lo fermano per strada e gli chiedono se è proprio lui, nega. Solo al vederlo apparire ti viene da pensare che sia insopportabile, per poi scoprirne, quando si esprime lentamente con vocina falsa ed effemina, garbo, gentilezza, generosità, umorismo. A molti interpreti, nazionali e soprattutto internazionali, “This Must Be the Place” è piaciuto poco e niente. Il film di Paolo Sorrentino ha suscitato perplessità poiché non materializza il vuoto, come ad esempio Johnny Marco (una sorta di Cheyenne da giovane e al vertice del successo), protagonista di Somewhere di Sofia Coppola. Finale in filosofia del nulla all’Antonioni: un uomo che cammina nel deserto senza meta. Oppure esprime l’ambiguità spirituale (espressa sempre nel volto di Sean Penn) nel finale di The Tree of Life di Terrence Malick. Cheyenne è un uomo tormentato che alla fine fa pace con se stesso. Poteva scendere nell’abisso, invece è risalito. In apertura vediamo la maschera. In chiusura l’uomo. L’umanesimo ha sconfitto la disumanizzazione.
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