Cheyenne, un tempo, è stato una rockstar ma da vent’anni galleggia sulla costante linea di confine tra noia e depressione. Infine una scossa: muore il padre e lui decide di perseguire quella ch era stata una sua un’ossessione: trovare quel soldato tedesco che lo aveva umiliato in campo di concentramento
Paolo Sorrentino dirige un’opera densa, matura, moralmente complessa, con un Sean Penn, attore sempre più grande, versatile e geniale con un
Paul Asher è un giovane promettente giornalista, con una buona preparazione anche teologica, che si è fatto conoscere per un suo reportage in Afghanistan dove aveva raccolto le riflessioni di soldati di fede cristiana che stavano combattendo in quel paese così lontano e ostile. Il suo ritorno in patria risulta particolarmente difficile: la vista di tanta sofferenza ha incrinato la sua fede e si sente responsabile della crisi coniugale che sta attraversando perché per seguire la sua passione professionale ha finito per trascurare sua moglie che ora vuole lasciarlo. In un momento così difficile per la sua vita inizia a intervistare uno strano personaggio che dichiara di essere Dio…
David ha 24 anni, è un giovane tranquillo senza troppe ambizioni, gestisce l‘affitto di alcuni appartamenti del palazzo in cui vive e ha un impiego saltuario come giardiniere del comune di Parigi. Aiuta sua sorella Sandrine, insegnante di inglese, andando a prendere a scuola la nipotina di 7 anni, Amanda. La vita scorre tranquilla quando in un attentato terroristico, Sandrine viene uccisa. David si trova di fronte a un problema più grande di lui: Amanda ha solo lui come parente più vicino…
Piombino. Anna e Francesca, amiche inseparabili, sono due adolescentidi quattordici anni che vivono nelle case popolari sullo sfondo delle acciaierie che danno lavoro e disperazione a mezza città. Provengono da situazioni familiari disastrate (una ha in padre in carcere, l’altro è un violento) e in balia di loro stesse finiscono per fare scelte sbagliate o frettolose. Solo Alessio, il fratello di Anna, non disprezza di fare l’operaio nell’acciaieria e non cerca di fuggire da Piombino…
Alaska è la discoteca che nasce nel bel mezzo della storia del film, ma è soprattutto l’insegna al neon che emette la stessa luce fredda che illumina la maggior parte delle scene. Protagonisti di questa storia sono Nadine (Astrid Begès Frisbey), una giovane e bella francese di 20 anni, e Fausto (Elio Germano), un italiano che vive a Parigi e lavora come cameriere in un grande albergo. I due si incontrano per caso sulla terrazza dell’hotel e tra loro nasce subito un forte sentimento. Per fare colpo su Nadine, Fausto finisce in prigione per due anni durante i quali non smette di pensare e scrivere a lei. Intanto la giovane ragazza diventa una modella professionista. Uscito dal carcere Fausto ritrova Nadine e va a vivere con lei. I due cominciano una storia d’amore intensa ma ostacolata dal desiderio di lui di migliorare la propria condizione. Le loro vite sembrano dividersi, ma proprio quando Fausto sta per sposare la figlia di un ricco imprenditore, torna in aiuto di Nadine….
Jamie è un giovane che di mestiere fa il rappresentante farmaceutico con spregiudicatezza e intraprendenza ma a tempo pieno si dedica a sedurre ragazze, a volte per suo piacere, a volte per ricavarne un profitto professionale. Maggie è una giovane artista, afflitta precocemente dal morbo di Parkinson. Forse è per questo motivo che accetta con disinvoltura nuove relazioni sessuali: vuole evitare qualsiasi forma di legame duraturo perché sa che il suo stato peggiorerà e non vuole essere di peso a nessuno..
In una tranquilla cittadina inglese vive Tony che dopo la morte improvvisa della moglie di cancro, cade in depressione. In certi momenti sente l’impulso al suicidio ma trova conforto nel prendersi cura del suo cane e nel vedere dei filmati confidenziali che gli ha lasciato la moglie. Per il resto continua a lavorare in un giornale locale che raccoglie banalissime cronache della vita di quel piccolo centro ma, partendo dal presupposto che per lui la vita non ha nessun valore, dice a tutti quello che pensa nel modo più brutale. Si comporta in questo modo nei confronti del cognato Matt che cerca invece di confortarlo, di un suo collega bonaccione, della melanconica segretaria Kath, del postino, della simpatica prostituta Roxy, del vagabondo triste che gli fornisce la droga. Solo quando va al cimitero ha piacere di intrattenersi con la vedova Anne, con la quale riflette sul senso da dare alla loro vita dopo che sono rimasti soli…
Il collegio cardinalizio decide di eleggere un Papa giovane, che sia facile da manipolare, e fa ricadere la sua scelta su Lenny Belardo, un cardinale quarantasettenne americano, che prende il nome di Pio XIII. Tuttavia il nuovo Papa, tormentato da un’infanzia problematica e dolorosa, si mostra da subito poco incline a lasciarsi comandare.
Nel giugno del 1992, il VII governo Andreotti cessa la sua attività. In quello stesso anno viene ucciso in un agguato mafioso Salvo Lima, della sua stessa corrente. Il tentativo di farsi eleggere Presidente della Repubblica fallisce ma viene nominato senatore a vita sempre nello stesso anno. Terminato il suo impegno attivo nella politica, viene coinvolto in due processi: quello di Palermo per associazione mafiosa, conclusosi con sentenza della Corte di Cassazione nel 2004 e quello di Perugia per coinvolgimento nell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli
Storia della trasformazione di un uomo che da uno stato di vuoto e depresione ritrova se stesso nel portare a compimento un desiderio giustizia da parte di suo padre che evita di realizzare in modo violento
Pubblico
14+
Uso di linguaggio forte
Giudizio Artistico
Sean Penn, attore sempre più grande e versatile e geniale, è il film. Senza di lui sarebbe stato davvero difficile dare la giusta credibilità umana e morale ad un personaggio in apparenza così fastidioso.
Il cinema italiano ha trovato in Paolo Sorrentino una delle migliori espressioni. Il suo “This Must Be the Place” è un’opera densa, matura, moralmente complessa, ma davvero molto, molto poco italiana. Forse è un bene, poiché immergendosi in una realtà estranea, ha potuto così saltare senza indugi i limiti e la sterilità del cinema italiano (ed europeo) d’autore. Sterilità soprattutto etica. Di cosa parla “This Must Be the Place”? Parla di Cheyenne. Ha cinquant’anni, è americano, sposato, abita in Irlanda con la moglie dal mestiere decisamente strano: pompiere. Da trent’anni la ama. Vivono nel lusso, anche ne non ne hanno bisogno. Cheyenne, un tempo, è stato una rockstar. Successo, soldi. Tanti soldi, che gli permettono ancora di navigare comodamente senza far nulla. E fans scatenati. Lo consideravano un dio, un modello, una via da imboccare nei momenti bui dell’esistenza. Un paio di loro, giovanissimi, lo hanno preso troppo sul serio, e adesso riposano nella tomba al cimitero. Cheyenne, però, era solo un cantante, con troppi vizi, troppi problemi e privo di spina dorsale. Quando lo ha capito ha smesso di cantare. Da vent’anni galleggia sulla costante linea di confine tra noia e depressione. Per camminare si deve sempre aggrappare a qualcosa: al carrello della spesa, alla valigia con le ruote. Da solo non si regge. Ora beve, ma analcolici. Bibite colorate che succhia avidamente con la cannuccia nella bottiglia. Ha deciso di eclissarsi dal mondo Cheyenne. Ma non è riuscito a depurarsi dalla maschera indossata come una seconda pelle. La maschera di star del rock lo segue e lo perseguita. Ancora si ostina ad avere capelli nerissimi cotonati, labbra rosse di lucido rossetto, trucco sul viso e sopra gli occhi, unghie laccate, abiti attillati in stile gotico. Così conciato spaventa le clienti al supermercato, quando se lo trovano improvvisamente davanti (e lui ferito le ricambia bucandogli la busta del latte). Per uscire da una vita vuota, ripetitiva, priva di senso, Cheyenne avrebbe bisogno di una scossa. E, improvvisa quanto puntuale, arriva. Muore il padre. Cheyenne è nato a New York, figlio di un ebreo deportato in campo di concentramento. Non vedeva il genitore da anni. Lo aveva quasi dimenticato. Un giorno, da bambino, aveva deciso che il padre non gli voleva bene. E di quell’intuizione dolorosa ne è ancora persuaso. Ma il figlio deve recarsi a vedere il genitore sul letto di morte. La fine del padre rappresenta per il figlio l’inizio di un lungo percorso. Nella memoria, dentro se stesso e nella terra americana. Per far viaggiare un sedentario come Cheyenne c’è bisogno di una motivazione potente. Il padre era vissuto con un’ossessione: trovare un soldato tedesco che lo aveva umiliato in campo di concentramento. Aveva scoperto che si era rifugiato in America, o lo aveva braccato sino alla morte. Ecco: adesso il figlio può ricongiungersi al padre, può sedare la rabbia nascosta, può chiudere davvero i conti con il passato. Si mette in cammino Cheyenne. E trova, finalmente, il derelitto che ha umiliato il padre. Si nasconde in una baracca nel deserto. È solo, vecchio, indifeso, quasi non vede
più. Macilento, scheletrico, un morto che cammina. Somiglia tanto alle povere vittime, vecchie e denudate, accasciate nella morte sulla neve nei campi di sterminio. Le vendetta è a portata di mano. Basta premere il grilletto. Ma per Cheyenne è sufficiente l’umiliazione inflitta a colui che umiliò il padre. La vendetta violenta non avrebbe senso, poiché ormai la morte è già sulle spalle del vecchio aguzzino tedesco. Il viaggio è finito. Adesso può iniziare il percorso di ritorno a casa. Nell’ultima immagine Cheyenne non ha più capelli lunghi e rossetto sulle labbra. È un uomo come gli altri. È diventato se stesso. Dal cuore l’odio è fuoriuscito e finalmente sorride. “This Must Be the Place” (questo dovrebbe essere il posto) è il titolo di una canzone dei Talking Heads. Il leader della band, David Byrne, compare nel film. Vestito di bianco, canta per un pubblico allegro ed estasiato, fra cui c’è anche Cheyenne. Lui è l’anima nera, l’angelo caduto, il divo senza cuore: Byrne è l’artista vero, l’immagine candida, quello che Cheyenne avrebbe voluto essere ma non è stato. Sean Penn, attore sempre più grande e versatile e geniale, è il film. Senza di lui sarebbe stato davvero difficile dare la giusta credibilità umana e morale ad un personaggio in apparenza così fastidioso. Cheyenne è una contraddizione: a tutti i costi vuole mantenere in vita l’immagine di un tempo, ma quando lo fermano per strada e gli chiedono se è proprio lui, nega. Solo al vederlo apparire ti viene da pensare che sia insopportabile, per poi scoprirne, quando si esprime lentamente con vocina falsa ed effemina, garbo, gentilezza, generosità, umorismo. A molti interpreti, nazionali e soprattutto internazionali, “This Must Be the Place” è piaciuto poco e niente. Il film di Paolo Sorrentino ha suscitato perplessità poiché non materializza il vuoto, come ad esempio Johnny Marco (una sorta di Cheyenne da giovane e al vertice del successo), protagonista di Somewhere di Sofia Coppola. Finale in filosofia del nulla all’Antonioni: un uomo che cammina nel deserto senza meta. Oppure esprime l’ambiguità spirituale (espressa sempre nel volto di Sean Penn) nel finale di The Tree of Life di Terrence Malick. Cheyenne è un uomo tormentato che alla fine fa pace con se stesso. Poteva scendere nell’abisso, invece è risalito. In apertura vediamo la maschera. In chiusura l’uomo. L’umanesimo ha sconfitto la disumanizzazione.
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