Cheyenne, un tempo, è stato una rockstar ma da vent’anni galleggia sulla costante linea di confine tra noia e depressione. Infine una scossa: muore il padre e lui decide di perseguire quella ch era stata una sua un’ossessione: trovare quel soldato tedesco che lo aveva umiliato in campo di concentramento
Paolo Sorrentino dirige un’opera densa, matura, moralmente complessa, con un Sean Penn, attore sempre più grande, versatile e geniale con un
Angie non è molto fortunata nel lavoro e la sua vita familiare è alquanto dissestata, con un ragazzo da allevare e un padre che non si è più fatto vedere. Ma crede di saper far bene una cosa: il collocamento di manodopera immigrata nelle tante fabbriche che operano intorno a Londra. Ha decisione e grinta da vendere e avvia quindi un'agenzia di collocamento assieme a una sua amica. Ma le cose non sono così facili come aveva sperato...
Gabby è una studentessa di medicina che si è da poco traferita nella casa accanto a quella di Travis. I loro primi incontri sono alquanto tempestosi ma in realtà si sono piaciuti fin dall’inizio. Le difficoltà non sono poche: lui è uno scapolo impenitente, lei ha un fidanzato dottore che indirettamente gli potrà garantire una professione piena di soddisfazione. Ma l’amore che nasce fra loro è proprio quello giusto, quello che dà loro lo slancio per abbandonare la vecchia vita e costruirne una nuova.
George e Anne sono una coppia di anziani insegnanti di musica ormai in pensione. Anne subisce un ictus invalidante e George le promette di prendersi cura di lei e di non portarla più in ospedale. La figlia Eva passa talvolta a trovarli ma è molto impegnata all’estero e non fornisce alcun aiuto concreto..
Sono ormai sette mesi che l’adolescente Angela è stata violentata e uccisa nella campagna non lontano dalla sua casa. Mildred, la madre, non si dà pace e per scuotere il torpore della polizia fa affiggere tre grossi cartelli stradali che chiedono a Willoughby, lo sceriffo della contea, perché non ci sia stato finora neanche un arresto. Lo sceriffo è molto apprezzato dalla comunità locale e quei cartelli suonano come un insulto. Quando lo sceriffo si suicida perché ammalato gravemente di cancro, la gente pensa che la colpa del gesto debba ricadere su Mildred …
La Prima guerra mondiale è appena terminata e Anna, come molti suoi concittadini tedeschi, piange il suo giovane fidanzato Frantz caduto in battaglia per mano dei francesi. Tutti i giorni si reca sulla sua tomba. Durante una delle sue visite al cimitero Anna incontra Adrien, un giovane francese desideroso di rendere omaggio al suo amico tedesco Frantz morto in guerra. Nella piccola comunità in cui vive Anna la presenza di un francese susciterà reazioni contrastanti tra gli abitanti, ma Adrien porta con sé anche un mistero per la famiglia di Frantz.
Soheila è un’infermiera che non trova nel lavoro quell’ equilibrio che è necessario per dare serenità ai suoi pazienti: la sua vita privata infatti si è spenta da quando deve vivere in casa con un marito, di professione ginecologo, che continua a tradirla. Azar ha bisogno di lavorare e riesce ad essere assunta come segretaria dallo stesso ginecologo marito di Soheila; i soldi le servono per recuperare una certa indipendenza visto che sta per divorziare dal marito, che ha trovato come amante una donna già divorziata. Masha è una giovane studentessa universitaria innamorata di un suo compagno, ma grande è la sua delusione quando scopre che lui la tradisce con una compagna del suo stesso college…
Un ritratto di Giulio Andreotti nella prima metà degli anni ’90 – dall’insediamento del suo settimo governo all’apertura del processo che lo vide imputato come mandante dell’omicidio di Mino Pecorelli – come bilancio della storia italiana del Dopoguerra.
Nel giugno del 1992, il VII governo Andreotti cessa la sua attività. In quello stesso anno viene ucciso in un agguato mafioso Salvo Lima, della sua stessa corrente. Il tentativo di farsi eleggere Presidente della Repubblica fallisce ma viene nominato senatore a vita sempre nello stesso anno. Terminato il suo impegno attivo nella politica, viene coinvolto in due processi: quello di Palermo per associazione mafiosa, conclusosi con sentenza della Corte di Cassazione nel 2004 e quello di Perugia per coinvolgimento nell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli
Storia della trasformazione di un uomo che da uno stato di vuoto e depresione ritrova se stesso nel portare a compimento un desiderio giustizia da parte di suo padre che evita di realizzare in modo violento
Pubblico
14+
Uso di linguaggio forte
Giudizio Artistico
Sean Penn, attore sempre più grande e versatile e geniale, è il film. Senza di lui sarebbe stato davvero difficile dare la giusta credibilità umana e morale ad un personaggio in apparenza così fastidioso.
Il cinema italiano ha trovato in Paolo Sorrentino una delle migliori espressioni. Il suo “This Must Be the Place” è un’opera densa, matura, moralmente complessa, ma davvero molto, molto poco italiana. Forse è un bene, poiché immergendosi in una realtà estranea, ha potuto così saltare senza indugi i limiti e la sterilità del cinema italiano (ed europeo) d’autore. Sterilità soprattutto etica. Di cosa parla “This Must Be the Place”? Parla di Cheyenne. Ha cinquant’anni, è americano, sposato, abita in Irlanda con la moglie dal mestiere decisamente strano: pompiere. Da trent’anni la ama. Vivono nel lusso, anche ne non ne hanno bisogno. Cheyenne, un tempo, è stato una rockstar. Successo, soldi. Tanti soldi, che gli permettono ancora di navigare comodamente senza far nulla. E fans scatenati. Lo consideravano un dio, un modello, una via da imboccare nei momenti bui dell’esistenza. Un paio di loro, giovanissimi, lo hanno preso troppo sul serio, e adesso riposano nella tomba al cimitero. Cheyenne, però, era solo un cantante, con troppi vizi, troppi problemi e privo di spina dorsale. Quando lo ha capito ha smesso di cantare. Da vent’anni galleggia sulla costante linea di confine tra noia e depressione. Per camminare si deve sempre aggrappare a qualcosa: al carrello della spesa, alla valigia con le ruote. Da solo non si regge. Ora beve, ma analcolici. Bibite colorate che succhia avidamente con la cannuccia nella bottiglia. Ha deciso di eclissarsi dal mondo Cheyenne. Ma non è riuscito a depurarsi dalla maschera indossata come una seconda pelle. La maschera di star del rock lo segue e lo perseguita. Ancora si ostina ad avere capelli nerissimi cotonati, labbra rosse di lucido rossetto, trucco sul viso e sopra gli occhi, unghie laccate, abiti attillati in stile gotico. Così conciato spaventa le clienti al supermercato, quando se lo trovano improvvisamente davanti (e lui ferito le ricambia bucandogli la busta del latte). Per uscire da una vita vuota, ripetitiva, priva di senso, Cheyenne avrebbe bisogno di una scossa. E, improvvisa quanto puntuale, arriva. Muore il padre. Cheyenne è nato a New York, figlio di un ebreo deportato in campo di concentramento. Non vedeva il genitore da anni. Lo aveva quasi dimenticato. Un giorno, da bambino, aveva deciso che il padre non gli voleva bene. E di quell’intuizione dolorosa ne è ancora persuaso. Ma il figlio deve recarsi a vedere il genitore sul letto di morte. La fine del padre rappresenta per il figlio l’inizio di un lungo percorso. Nella memoria, dentro se stesso e nella terra americana. Per far viaggiare un sedentario come Cheyenne c’è bisogno di una motivazione potente. Il padre era vissuto con un’ossessione: trovare un soldato tedesco che lo aveva umiliato in campo di concentramento. Aveva scoperto che si era rifugiato in America, o lo aveva braccato sino alla morte. Ecco: adesso il figlio può ricongiungersi al padre, può sedare la rabbia nascosta, può chiudere davvero i conti con il passato. Si mette in cammino Cheyenne. E trova, finalmente, il derelitto che ha umiliato il padre. Si nasconde in una baracca nel deserto. È solo, vecchio, indifeso, quasi non vede
più. Macilento, scheletrico, un morto che cammina. Somiglia tanto alle povere vittime, vecchie e denudate, accasciate nella morte sulla neve nei campi di sterminio. Le vendetta è a portata di mano. Basta premere il grilletto. Ma per Cheyenne è sufficiente l’umiliazione inflitta a colui che umiliò il padre. La vendetta violenta non avrebbe senso, poiché ormai la morte è già sulle spalle del vecchio aguzzino tedesco. Il viaggio è finito. Adesso può iniziare il percorso di ritorno a casa. Nell’ultima immagine Cheyenne non ha più capelli lunghi e rossetto sulle labbra. È un uomo come gli altri. È diventato se stesso. Dal cuore l’odio è fuoriuscito e finalmente sorride. “This Must Be the Place” (questo dovrebbe essere il posto) è il titolo di una canzone dei Talking Heads. Il leader della band, David Byrne, compare nel film. Vestito di bianco, canta per un pubblico allegro ed estasiato, fra cui c’è anche Cheyenne. Lui è l’anima nera, l’angelo caduto, il divo senza cuore: Byrne è l’artista vero, l’immagine candida, quello che Cheyenne avrebbe voluto essere ma non è stato. Sean Penn, attore sempre più grande e versatile e geniale, è il film. Senza di lui sarebbe stato davvero difficile dare la giusta credibilità umana e morale ad un personaggio in apparenza così fastidioso. Cheyenne è una contraddizione: a tutti i costi vuole mantenere in vita l’immagine di un tempo, ma quando lo fermano per strada e gli chiedono se è proprio lui, nega. Solo al vederlo apparire ti viene da pensare che sia insopportabile, per poi scoprirne, quando si esprime lentamente con vocina falsa ed effemina, garbo, gentilezza, generosità, umorismo. A molti interpreti, nazionali e soprattutto internazionali, “This Must Be the Place” è piaciuto poco e niente. Il film di Paolo Sorrentino ha suscitato perplessità poiché non materializza il vuoto, come ad esempio Johnny Marco (una sorta di Cheyenne da giovane e al vertice del successo), protagonista di Somewhere di Sofia Coppola. Finale in filosofia del nulla all’Antonioni: un uomo che cammina nel deserto senza meta. Oppure esprime l’ambiguità spirituale (espressa sempre nel volto di Sean Penn) nel finale di The Tree of Life di Terrence Malick. Cheyenne è un uomo tormentato che alla fine fa pace con se stesso. Poteva scendere nell’abisso, invece è risalito. In apertura vediamo la maschera. In chiusura l’uomo. L’umanesimo ha sconfitto la disumanizzazione.
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