FUR – UN RITRATTO IMMAGINARIO DI DIANE ARBUS
Diane Nemerov (Nicole Kidman), figlia di ricchi commercianti di pellicce, ha imparato l’arte della fotografia dal marito Allan Arbus, fotografo di moda. Velatamente insoddisfatta della propria vita, non si decide però a mettere in pratica una svolta finché non conosce Lionel Sweeney (Robert Downey Jr.), bizzarro vicino appena trasferitosi nell’appartamento sopra quello degli Arbus. Freak in piena regola, ex-uomo lupo da circo ricoperto di pelo, si occupa ora di parrucche, produzione propria. Tramuterà una moglie stereotipata in donna trasgressiva di tendenza, dandole quello che apparentemente cerca: brividi underground e un kit completo di soggetti per foto disubbidienti.
Valori Educativi
Il film sembra sostenere che la motivazione che muoveva Diane riposasse unicamente sulla noia e sul desiderio di sentirsi sconveniente e mondana.
Pubblico
18+Qualche scena di nudo
Giudizio Artistico
Il tema era interessante, ma il film non lo sa svolgere e lo tratta superficialmente appiattendolo su una dinamica commerciale
Cast & Crew
Produzione
William Pohlad
Laura Bickford
Bonnie Timmerman
Andrew Fierberg
Regia
Steven Shainberg
Sceneggiatura
Erin Cressida Wilson
Patricia Bosworth
ispirata alla biografia Diane Arbus di Patricia Bosworth
Our Review
1958: tre mesi nella vita di Diane Arbus, trentacinque anni dalla nascita e tredici prima che venga trovata nella vasca da bagno, suicida. È un periodo breve e molto romanzato dagli sceneggiatori, quasi pura opera di fiction tesa a mostrare come svolte decisive per la vita avvengano in seguito a fatti abbastanza casuali. Oppure come il caso non esista perché questi incontri sono la risposta a lungo cercata a una domanda che pulsa dentro da sempre.
Sia come sia, il tema era interessante, ma il film non lo sa svolgere e lo tratta superficialmente appiattendolo su una dinamica commerciale che non rischia niente e non dà conto, se non a chi si accontenta di poco, del bisogno di crescita della protagonista. Bisogno che improvvisamente si incarna in Lionel, sorta di uomo-lupo che non deve chiedere mai. Poteva essere una sequenza onirica o una visione incerta, invece diventa purtroppo l’idea portante della sceneggiatura, l’unica idea. Con alcune concessioni semi-surreali: l’appartamento di Lionel contiene improbabili quintali di memorabilia e arredamenti similcircensi, un laboratorio di parrucche, un thermarium e, potenza dell’inconscio, si rivela perfino collegato da una botola nascosta all’appartamento di sotto.
Alta borghesia annoiata e bohème come al solito convergono e i vecchi compagni del circo, ognuno con la sua caratteristica freak, assieme a prostitute e travestiti, tutti naturalmente buoni e cari, cominciano a popolare festosi l’appartamento di questo Chewbacca di larghe vedute, poi tramite la botola vengono ricevuti anche da una Diane entusiasta che prepara dolci e tartine e, ribelle senza una causa, sventola gli ospiti davanti a marito e genitori.
Grazie al suo guru, scopre attitudine voyeuristica e facilità di rapporti col sottomondo: sommando i due talenti vien fuori che fotograferà i freak (anche se le foto non si vedono mai, perché la famiglia della Arbus non ha dato il permesso). Immaginiamo che sia far torto, almeno in parte, alla carriera di Diane Arbus sostenere che la motivazione che la muoveva riposasse unicamente sulla noia e sul desiderio di sentirsi sconveniente e mondana.
Circo per circo, c’è un tentativo di racconto favolistico, ma manca la profondità simbolica, per esempio, di Big Fish di Tim Burton, non stiamo qui a chiamare in causa Tod Browning (regista del discusso film di culto Freaks del 1932). C’è un tentativo di rappresentare il sentimento che prende e porta via, però manca la scintilla ed è tutto molto finto e poco spontaneo. C’è un tentativo di rappresentare l’affetto per il diverso,ma ci fa rimpiangere la Bella e la Bestia.
E la metafora sottesa al titolo? Le variazioni sul tema della pelliccia percorrono la storia, ma restano solo un elenco stancante, non una trama di significati. E di alcune di queste si sorriderà, per esempio della mantellina che Lionel lascia in dono a Diane, ovviamente in pelliccia e ovviamente sua, o la scena kitsch della sua rasatura finale quando la protagonista, sebbene trasgressiva, tramuta il rospo in principe prima di baciarlo, non dopo.
Non c’è sofferenza nel personaggio di Diane come è rappresentato in questo film, non c’è vera evoluzione né consapevolezza di sé, ma solo una sterzata che sembra fatta a caso, mentre il film soccombe nel non affrontare la questione in modo più serio. Intanto che succede in casa Arbus?
Resta Allan, innamorato di Diane e campione di una normalità tanto rara quanto descritta in termini penalizzanti e di una costanza dipinta con tratti sarcastici e penelopeschi, rispetto ai giochetti di Lionel. Eppure è il più vero e quel toccante, silenzioso “Cosa devo fare?” implicito nelle sue ultime apparizioni suscita una tenerezza capace di sbaragliare l’uomo-lupo.
Ingrati e ciechi anni Cinquanta: per il personaggio di Allan i tempi non erano maturi. Invece, ora che un fiume di freak in posa invade le nostre giornate e le logora una per una, potremmo farci largo tra mostri, narcisisti e Robert Downey Jr., per parlargli un istante.
Autore: Franco Olearo
Details of Movie
Titolo Originale | Fur: An Imaginary Portrait of Diane Arbus |
---|---|
Paese | USA |
Etichetta | Non classificato |
There are no reviews yet.