ADORAZIONE

Paul è un ragazzo di 12 che vive in una casa immersa in un bosco delle Ardenne, nei pressi di una clinica psichiatrica dove lavora sua madre. Ama la natura, conosce tutti i tipi di uccelli che incontra nelle sue passeggiate solitarie ma un giorno si imbatte una ragazza che corre urlando: è Gloria, una paziente della clinica, inseguita da due infermieri. Dopo quel primo incontro ne seguono altri. Paul si prende una cotta per lei e quando Gloria gli propone di fuggire insieme, lui accetta. Si incamminano nel bosco, vivendo di frutti selvatici, sapendo di essere inseguiti…
E’ indubbio che abbiamo visto tanti road-movie con una coppia in fuga, dal più classico Gangster Story al più recente Queen & Slim ma anche Green Book può rientrare in questa categoria. Sono film carichi di tensione per la presenza di una minaccia incombente ma con una dinamica molto particolare; le varie tappe del viaggio costituiscono altrettanti momenti in cui i due protagonisti riescono ad approfondire la loro conoscenza così come quella di un mondo a loro sconosciuto e spesso ostile. Per Paul e Gloria possiamo parlare di perfetta complementarietà che viene progressivamente a svelarsi: lei è decisa, aggressiva, impulsiva quanto lui è riflessivo e incerto. Se Gloria ha per lui una simpatia istintiva e sensuale, per Paul si tratta di un amore che finisce per diventare l’essenza del suo vivere, al di là di ogni ragionevolezza (lei è indubbimente malata), diventa adorazione. Se il pericolo di venir ritrovati dal personale della clinica risulta prevalente nella prima parte, in seguito la minaccia dell’ignoto viene più genericamente dal mondo degli adulti, non perché siano realmente pericolosi (la coppia olandesi in barca, il contadino solitario, anche se Gloria, nella sua paranoia, li crede tali), ma perché si contrappongono a quel mondo che i due adolescenti si sono costruiti, dove ci sono solo loro due e una superba natura selvaggia. Così il loro amore diventa sempre più
esclusivo e malato, mentre il racconto di tinge progressivamente di tinte horror (specialità nella quale il regista Fabrice du Welz aveva già manifestato le sue particolari doti con Calvaire , 2004), a causa soprattutto della natura oscura di Gloria.
E’ facile dare un giudizio artistico a questo lavoro: i due giovani protagonisti sono praticamente perfetti nella loro complementarietà, il regista ha lavorato molto sulla fotografia della luce, dell’acqua, dei tramonti, degli stormi di uccelli aquatici che solcano il cielo, una sinfonia lirica intorno a una natura incontaminata. Non mancano riferimenti espliciti a un desiderio panteista di immersione nella natura, espresso dal personaggio interpretato dal sempre bravo Benoît Poelvoorde.
Da un punto di vista valoriale/educativo non c’è molto da dire. Non si tratta propriamente di un racconto ma di una pittura. Una pittura che ci vuole comunicare i colori della natura, sensazioni, pulsioni emotive, non ci sono messaggi da recepire. Dispiace che quell’amore così puro che Paul sente per Gloria, che non riesce mai a negarle l’aiuto che gli chiede, invece di diffondersi all’esterno per effetto della felicità che porta con se, imploda e si rinchiuda fra le pareti oscure della mente di Gloria, partecipando incondizionatamente alla sua follia