LA STELLA DI ANDRA E TATI

Una visita di liceali ai campi di sterminio diventa l’artificio letterario per raccontare la storia vera di Alessandra e Tatiana Bucci. Sono due bambine rispettivamente di 4 e 6 anni. Vivono a Fiume con la madre e la nonna, la zia e il cuginetto: sono ebrei. Il loro papà è al fronte. Il 29 marzo 1944 vengono deportati ad Auschwitz. I bambini vengono subito separati dai grandi, marchiati con un numero sul braccio e portati nel Kinderblock, la baracca dei bambini. L’affetto vicendevole e la compassione della guardiana permetteranno loro di sopravvivere fino alla liberazione del campo e di ritrovare i loro genitori.
Considerato il primo film di animazione europeo per raccontare ai bambini la Shoah, La stella di Andra e Tati porta sullo schermo in modo semplice ma con grande profondità, una delle pagine più drammatiche dello scorso secolo.
La sceneggiatura si basa sul racconto omonimo per bambini, scritto da Alessandra Viola e Rosalba Vitellaro e pubblicato da De Agostini.
La narrazione mantiene il punto di vista delle protagoniste e questo lo rende un prodotto molto efficace per i bambini a cui è indirizzato.
La storia è intersecata a quella di una classe di liceali che, in gita scolastica, va a visitare Auschwitz. Il montaggio alternato fa passare lo spettatore da un’epoca all’altra e cerca di costruire un parallelo. Forse un po’ troppo azzardato l’accostamento tra i bulli della classe e i kapo nazisti: se la matrice della violenza è sempre l’odio tra persone, sono decisamente diverse le modalità e la gravità dei due diversi atti.
Nonostante ciò, risulta interessante la trasformazione del “capo” di questi bulli: la visita ai block, la vista dei cumuli di effetti personali sequestrati agli ebrei appena arrivati al campo di concentramento, provocano in lui un cambiamento di mentalità e di comportamento.
L’aggiunta di alcuni filmati d’archivio delle sorelle Bucci durante i titoli di coda, sicuramente è di aiuto nel comprendere come il film, seppur d’animazione, sia la ripresentazione della storia vera di due bambine e della loro famiglia.
I disegni sono della medesima illustratrice del volume pubblicato (Annalisa Corsi): il tratto essenziale, la colorazione vivace aiutano la comprensione anche per i più giovani dei fatti narrati che restano irrimediabilmente drammatici.
Gli sviluppi della storia sono accompagnati da una voce fuori campo: quella di una delle bambine che, divenuta grande, ricorda quegli avvenimenti e li propone agli spettatori.
Ne risulta un prodotto pregevole. Indicato a partire dai preadolescenti perché riesce a mostrare il grande dramma dello sterminio pianificato e perpetrato dai nazisti nei campi di concentramento e lo fa con delicatezza, non perché venga edulcorata la dimensione di violenza, ma perché questa viene lasciata sullo sfondo rispetto alla storia (dolorosa ma carica di affetti) della famiglia Bucci.
Il valore della solidarietà tra le vittime, dell’amicizia, dell’affetto familiare trovano ampio spazio nel film. Valori, questi, che hanno permesso di alimentare nei protagonisti quella speranza che va oltre ogni speranza e che ha consentito loro, non solo di superare prove estreme, ma anche di mostrare come agire per il bene abbia ridonato un po’ di calore umano in quei contesti dove l’umanità sembrava ormai perduta